sabato 7 febbraio 2015




Sempre più donne calatine preferiscono partorire negli ospedali di altre province   


Tra i tanti motivi le condizioni igienico ambientali del reparto di ostetricia. 

Non sono poche le puerpere calatine che negli ultimi anni sono andate a partorire negli ospedali di Vittoria, Enna  e Gela, per citare alcune delle strutture preferite.
Sono varie le ragioni che spingono a raggiungere strutture lontane molti chilometri dalla città della ceramica. Non certo per il livello di professionalità consolidata nel tempo nel reparto di ostretricia. Invero, spesso piccole cose sono diventate giganti al momento della scelta della struttura. Tra esse, da ultimo, risaltano agli occhi di tutti le condizioni igienico-ambientali. Per quanto ad oggi si registri un livello di rischio bassissimo e si possa escludere l’insorgere di patologie tipicamente ospedaliere, a preoccuapre tanto gli operatori che  l’utenza sono gli ambienti lavorativi e quelli della degenza. A raccogliere questo stato d’animo, ancora una volta, è il Tribunale dei Diritti del malato, nella persona del suo Responsabile locale, Salvatore Sciuto, con il Presidente di Cittadinanza attiva, Salvatore Patti. All’esito di uno dei consueti e rituali  monitoraggi della struttura calatina, ai loro occhi ha trovato conferma quello che da tempo veniva lamentato. A causa della non intervenuta, seppure reiteramente chiesta negli ultimi tempi, manutenzione degli ambienti, buona parte delle stanze adibite alla degenza sono divenute inagibili.
Ciò è dovuto alla periodica infiltrazione di acqua meteoriche, che, specie quando copiose, hanno determinato molta umidità e una diffusa presenza di muffa, con la conseguenza che il Dirigente ha dovuto chiudere alcune di esse e in altre fare approntare secchi per la raccolta. La situazione è ora divenuta insostenibile, specie che la chiusura di alcuni ambienti ha dapprima ridotto la disponibilità dei posti letti e, da ultimo, scoraggiato l’utenza, che non inteso far partorire i propri famigliari in ambienti malsani con elevato rischio della salute della puerpera e del nascituro.
Immancabile la diffida dell’associazione ai vertici aziendali, cui hanno assegnato quindici giorni per provvedere, anticipando diverse iniziative nel  caso del protrarsi dell’inerzia.